Il carcere è solitudine. Per quanto le celle siano anguste e sovraffollate, il sentimento predominante tra i detenuti è proprio il sentirsi isolati. Si è soli con la propria pena, ma lo si è anche con il proprio passato, da cui, chiusi tra quattro mura, è impossibile fuggire. Poi c’è un’altra dimensione: quella del tempo. Giornate scandite da routine identiche le une alle altre fanno della detenzione un eterno istante sospeso, come se il calendario avesse rinunciato a scorrere. Ieri (il momento della condanna), è passato, ma non è ancora arrivato domani (il giorno in cui si finirà di scontare). Così, in questo “oggi” buio, fatto di spazio ristretto immerso in un tempo dilatato, la scrittura può essere un buon antidoto per non perdere la testa. Una volta, visitando un carcere, incontrai uno dei 1259 detenuti all’ergastolo ostativo che scontano la pena negli istituti italiani. Il suo certificato di detenzione portava la data: “31 dicembre 9999”. Così i sistemi informatici traducono l’espressione: “fine pena mai”. Quest’uomo, come lui stesso mi raccontò, ne aveva combinate “di cotte e di crude”. Non rivendicava la sua innocenza ed era consapevole dei suoi errori. “Quando sono entrato in carcere – mi confidò – ero analfabeta. È qui che ho imparato a leggere e scrivere”. Stavo parlando con il vincitore di un’edizione del Premio Carlo Castelli, concorso letterario riservato ai detenuti delle carceri italiane organizzato dalla Società di San Vincenzo De Paoli. Da quella edizione, di alcuni anni fa, il Premio Carlo Castelli ha toccato molte città d’Italia, da Milano a Siracusa, da Bergamo a Roma, da Napoli a Padova. La scorsa edizione si è svolta a La Spezia, con il Patrocinio di Camera, Senato, Ministero della Giustizia, il Pontificio Dicastero per la Comunicazione, TV2000 e UCSI. A settembre 2023, la cerimonia conclusiva del Premio si svolgerà a Torino, nel 25° dalla scomparsa di Carlo Castelli (1924-1998), volontario vincenziano che fin dai primi anni ´70 decise di rivolgere la sua attenzione al settore carcerario. Il titolo di quest’anno sarà: “Diario dentro. Pensieri dalla mia cella”.
Al Premio Carlo Castelli partecipano ogni anno ristretti delle carceri di tutta Italia. Ai primi tre classificati viene assegnato un doppio premio in denaro: una parte consegnata al vincitore, mentre un secondo importo viene impiegato per finanziare un progetto presso un istituto penitenziario italiano. Scopriamo così che scrivere aiuta molte volte. Per prima cosa consente al recluso di fare pace con il proprio passato: riviverlo attraverso le parole gli consente di prendere le distanze dai propri errori. Poi fa del bene a chi legge, perché il racconto di chi ha sbagliato aiuta chi sta fuori a non cadere negli stessi errori. Porta alla conoscenza dell’opinione pubblica il disagio delle strutture carcerarie. E permette di finanziare progetti importanti all’interno ed all’esterno delle strutture. Perché è solo coinvolgendo il detenuto in un percorso di crescita personale che lo si accompagna verso la libertà.
Alessandro Ginotta
Presidente UCSI Piemonte