Il tempo si è fermato per un po’ nella Casa Circondariale di Montorio, a Verona, durante la cerimonia di premiazione del concorso letterario Carlo Castelli. Il silenzio ha accompagnato il profondo rispetto dei presenti verso chi ha messo da parte la vergogna e con dignità ha deciso di soffermarsi su come la vita, tra le mura del carcere, riesca a sopravvivere, a ritrovare un pizzico di gioia e a mantenere salda la speranza di un domani migliore nonostante non arresti il dolore della colpa.

Tre i ristretti che hanno voluto rilasciare le loro testimonianze restituendo ai presenti la possibilità di entrare, anche solo per pochi minuti, in un mondo di dolore, di sofferenza, di privazione, ma anche di timore quando raccontano i momenti vissuti dopo la concessione del primo permesso, “Ho attraversato più di 10 cancelli o porte, li ho contati. Il mio cuore batteva a mille e avevo un po’ di paura…”, ha affermato Ndrec Laska.

Il mondo fuori spaventa e a stento si riesce a guardarlo: “Attraverso l’ultima porta, salgo in macchina e passo più della metà della strada con la testa bassa, poi ho cominciato a vedere…”.  

Si temono le reazioni, ritornano alla mente le sofferenze arrecate, anche ai propri cari, e prevale un forte senso di angoscia che piano piano lascia nuovamente spazio alla speranza di una vita nuova.

Una vita che ritrova l’opportunità e la possibilità di essere nuovamente vita tra gli spazi ristretti di un luogo da cui bisogna necessariamente trarre forza per non essere risucchiati dal lento scandire di giornate che sembrano tutte uguali. Si rischierebbe di impazzire: “Ho pensato che se mi lasciavo trascinare, senza fare niente, il tempo non sarebbe passato mai, sarei impazzito!”, ha dichiarato Gianantonio Farinelli.

Cresce così il bisogno e la consapevolezza di trarre beneficio da un nuovo vissuto segnato dalla condizione di privazione della libertà. Sostenuti instancabilmente dal personale preposto, dai volontari, inseriti in attività rieducative mirate, le persone in stato di detenzione iniziano lentamente a ritrovare se stessi, a riavvicinarsi alla propria coscienza, a mettersi alla prova, a scoprire nuovi talenti e a rispolverare quelli di un tempo: Ho avuto l’opportunità in questo Istituto di riprendere in mano una chitarra. Quando suono e canto le mie canzoni non mi sento in carcere e condivido il mio universo di emozioni. La musica mi ha sempre salvato nella vita”, continua Gianantonio che, al termine del suo discorso, si è potuto esibire suonando i brani composti negli anni di reclusione.

In carcere, anche le cose più semplici diventano un mezzo e un modo possibile da cui ripartire, ricominciare a camminare e a guardare la vita con speranza: “Un domani ci sarà un qualcosa di buono”, ha dettoAlberto Brianti che nella sua testimonianza ha raccontato come anche la visione di un film, dietro le sbarre, ha acquisito maggiore valore e lo ha aiutato a comprendere che si possa vivere “Una vita senza eccessi riuscendo a nutrirsi delle cose più normali – sono le cose normali che ti regalano la felicità – cosa che io spesso ho dimenticato per colpa della mia vita poco regolare… Solo quando guardi fuori, attraverso le sbarre, ti rendi conto di tutto quello che ti manca davvero…”.

A chiusura della due giorni del Premio Carlo Castelli, nel Teatro Nuovo di San Michele, il racconto di Giovanni ha catturato l’attenzione dei presenti. Vincitore del premio Carlo Castelli nel 2009, con il racconto “La storia di Frank”, Giovanni ha raccontato come sia riuscito a riavere pace e a parlare al mondo delle scuole raccomandando ai ragazzi di non delinquere.

Il Premio Carlo Castelli è un evento organizzato e promosso dal Settore Carcere e Devianza della Federazione Nazionale Italiana Società di San Vincenzo De Paoli ODV, con il patrocinio di Camera, Senato, Ministero della Giustizia e con il riconoscimento della medaglia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

L’appuntamento coinvolge detenuti provenienti da penitenziari di tutta Italia, offrendo loro un’opportunità unica di esprimersi attraverso la scrittura. Ogni anno, un carcere o un Istituto Penitenziario Minorile (IPM) viene scelto come sede della cerimonia, durante la quale vengono letti e premiati i racconti selezionati da un’apposita giuria.

Il tema di quest’anno, intitolato “Perché? – Ti scrivo perché ho scoperto che c’è ancora un domani” ha invitato a riflettere sul valore della speranza e sul riscatto possibile.

La speranza è un bene prezioso, una luce che accompagna e sostiene, soprattutto nei momenti più difficili”, afferma Paola Da Ros, Presidente Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli.

E in questo luogo, dove la libertà è limitata, il nostro desiderio è che nessuno perda mai questa luce” e aggiunge: “Il Premio Carlo Castelli non si limita a offrire uno spazio di riflessione e espressione per i detenuti, ma prosegue nel tempo, grazie ai progetti di reinserimento sociale sviluppati in collaborazione con le istituzioni.

Con il contributo in denaro che eroghiamo per ciascuno dei tre premi oltre alla somma che spetta al vincitore, ogni anno realizziamo tre progetti.

Il primo premio di questa edizione finanzierà un importante progetto di reinserimento nel mondo del lavoro per i ristretti del carcere di Brescia che hanno finito di scontare la loro pena; il secondo aiuterà i giovani dell’Istituto per Minori di Catania, il terzo premio andrà a favore delle attività dell’Ufficio Distrettuale di Esecuzione Penale Esterna di Pisa”, dichiara la Presidente Paola Da Ros.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *